16.06.2025
La storica diatriba che da un decennio contrappone i fondi a gestione attiva e gli Etf è ormai un ricordo. I due strumenti, ovvero le due differenti modalità di gestione del denaro, sono oggi intercambiabili e ben interconnesse. Ovviamente lato gestioni attive si insiste nel cercare di dimostrare il valore aggiunto delle stesse, soprattutto da parte di coloro che le distribuiscono, con ampi profitti. Gli Etf si sono, però, nel frattempo evoluti, e non sono più sinonimo, come agli albori, di replicanti o prodotti indicizzati. Quindi, oggi, l’acronimo Etf si rifà ad un mero contenitore, al cui interno ci possono stare strategie molti differenti.
Continuano certamente ad essere numerosi Etf che semplicemente copiano gli indici di mercato (azionari, obbligazionari, etc) ma è sempre più ricca l’offerta di Etf a gestione attiva. A differenza degli Etf tradizionali (detti anche passivi), che replicano un indice di mercato come l’MSCI World, l’S&P 500, etc, gli Etf attivi sono gestiti attivamente da un team di gestori professionisti, solitamente più ridotto rispetto alle strutture dei classici fondi di investimento. L’obiettivo è battere un benchmark di riferimento attraverso scelte attive di investimento, piuttosto che limitarsi a copiarne le performance.
Il provider di dati Etfgi riporta che il patrimonio investito in Etf a gestione attiva quotati a livello globale è salito a un nuovo massimo storico di 1300 miliardi di dollari a fine aprile, a livello mondiale. Attirando 32,20 miliardi di dollari di afflussi netti nel solo mese di aprile 2025: ciò porta la raccolta netta da inizio anno alla cifra record di 176,75 miliardi di dollari, evidenziando il continuo interesse degli investitori per le strategie attive in un contesto di dinamiche di mercato in continua evoluzione: si tratta del 61° mese consecutivo di afflussi netti in tale categoria di prodotti.
Tra le principali caratteristiche degli Etf a gestione attiva il fatto che i gestori decidono cosa comprare e vendere, con una maggiore libertà rispetto agli Etf passivi, pur essendo indicato un benchmark di riferimento con cui confrontarsi; le regole di quanto possano scostarsi dal benchmark, in termini di esposizione settoriale, ad esempio, variano da caso a caso. Inoltre, gli Etf attivi hanno TER (Total Expense Ratio) superiori a quelli passivi (ad esempio nel range 0,50–1,00% contro 0,05–0,30% dei classici Etf indicizzati) ma sempre molto più contenuti dei fondi a gestione attiva (1,5-2% annuo). Gli Etf attivi possono però avere meno trasparenza rispetto a quelli passivi, per via delle scelte dei gestori non aggiornate in tempo reale.
Un ambiente di investimento dove le scelte attive sembrano essere particolarmente utili è rappresentato dai bond high yield a basso rating e alto rendimento. Le inefficienze del mercato sembrano predominare e la liquidità scarseggiare, il che lo rende un terreno adatto ad un bravo gestore attivo. Gli indici obbligazionari high yield si basano, infatti, sulla capitalizzazione delle aziende coinvolte, ed emissioni di grande rilevanza possono pesare non poco negli indici, a prescindere dalla bontà del sottostante. Le statistiche fino ad ora analizzate evidenziano che la gestione attiva, in ambito high yield, permette di evitare i default e i downgrade di molti emittenti a tutto vantaggio delle performance.