L’analisi di scenario consente, come la composizione dei pezzi di un puzzle, di far emergere un’immagine che altrimenti rimarebbe celata. I tre pilastri dell’analisi di scenario sono: la Macroeconomia, la Geopolitica, la Tecnologia. L’immagine di scenario che emerge consente di assumere delle decisioni di natura strategica con maggiore consapevolezza e visione.
MACROECONOMIA:
Le decisioni della Federal Reserve e della Banca Centrale Europea, giunte entrambe alla fine di gennaio, hanno rispettato le aspettative. La prima con un wait and see in attesa di verificare gli impatti sull’economia USA dei cambiamenti imposti dalla nuova Amministrazione. La seconda con un taglio di 25 basis points, portando i tassi sui depositi al 2,75%, che lascia spazio per un ulteriore allentamento della politica monetaria nel mese di marzo. L’allargamento del differenziale di tassi di interesse, ampiamente scontato da economisti ed operatori finanziari, certifica il gap di crescita economica tra gli USA ed Eurolandia, a netto sfavore di quest’ultima. In termini di politica monetaria, è giunta invece a sorpresa la decisione della Bank of Canada, che non solo ha tagliato i tassi (di 25 basis points), ma ha annunciato l’interruzione del quantitative tightening e la ripartenza del quantitative easing. La svolta dovish di politica monetaria canadese è stata giustificata come una preparazione in vista dell’introduzione dei dazi, minacciati da Trump verso Ottawa fin da prima del suo insediamento. Si tratta solo dell’inizio di una strategia che molti Paesi potrebbero adottare: rispondere alla trade war con una currency war. Cioè attuando una politica monetaria espansiva al fine di indebolire la propria valuta, compensando in tal modo gli effetti negativi delle tariffe statunitensi. E’ una logica che potrebbe essere seguita non solo da Paesi di media rilevanza economica (come Messico, Sud Corea, Brasile), ma anche dai veri big players globali, in termini commerciali, quali Cina ed Europa. Se alle minacce di imposizione di dazi seguissero le decisioni relative, è infatti plausibile un aumento significativo delle volatilità sui cross valutari, utilizzati come delle vere e proprie “armi finanziarie”. Inutile ricordare come nella Storia tali processi siano stati accompagnati da aumenti dei prezzi su scala globale, determinati sia dagli effetti delle restrizioni commerciali, che dall’inflazione importata conseguente alle svalutazioni competitive. Da qui si comprende la richiesta del neopresidente americano, che ha intimato alla Federal Reserve di tagliare i tassi di interesse quasi come una risposta preventiva alle decisioni di politica monetaria degli altri Paesi. Per capire dove possa portare tale corsa al ribasso, di fatto una vera e propria monetary war, è sufficiente osservare quanto accade a Tokyo dove la Bank of Japan si trova costretta ad adottare una politica monetaria restrittiva per evitare che il crollo dello yen alimenti ulteriormente l’inflazione, già al 3,6%, dopo un lungo periodo deflativo.
GEOPOLITICA:
I primi dieci giorni in carica per Donald Trump nelle vesti di nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America sono stati burrascosi. In questo breve lasso temporale, il Presidente ha scatenato una raffica di circa 40 ordini esecutivi che, oltre a rimodellare le linee operative della futura amministrazione, stanno iniziando a sortire i primi effetti nel resto del mondo. Tre le mosse principali figurano: il ritiro dall’Accordo di Parigi e dall’OMS, la designazione dei cartelli messicani come terroristi, l’emergenza energetica per rafforzare l’indipendenza USA e il sostegno agli insediamenti israeliani. Queste misure, per quanto aggressive, riflettono una strategia di rafforzamento della sicurezza economica e geopolitica condivisa già da tempo anche dagli apparati burocratici americani. Se a prima vista queste decisioni possono apparire azioni offensive, gli Stati Uniti stanno in realtà giocando in difesa, cercando di rispondere alle nuove sfide della globalizzazione a partire dalla continua avanzata tecnologica cinese (vedi i casi TikTok, Deepseek e BYD) e alla perdita di credibilità internazionale dopo decenni nel ruolo di “poliziotto del mondo”. Assistiamo dunque ad una vera e propria trasformazione del sistema globale, dove la multipolarità, cioè l’emergere di più attori che possono aspirare a competere con Washington su più fronti, si sta ormai delineando. La Cina ha annunciato a inizio anno un accordo di cessate il fuoco tra la giunta militare al potere in Myanmar e i principali gruppi armati operativi nel Paes, tentando di stabilizzare un’area cruciale per i suoi interessi economici e strategici. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, similarmente, ha annunciato a dicembre scorso che l’Etiopia e la Somalia hanno raggiunto un accordo, con la sua mediazione, per mettere fine alle pericolose tensioni regionali nel Corno d’Africa. Due mosse che dimostrano quanto gli affari internazionali si possano gestire anche senza il vecchio “sceriffo in città”, Washington, frammentando così il potere globale. Rischio o opportunità per un’Europa in preda a una crisi di identità? Questa nuova realtà potrebbe in ogni caso essere la cornice più adatta in cui inquadrare il 2025. Nel frattempo, è necessario non sottovalutare i “segnali deboli” di scenari che ad oggi venivano ritenuti impossibili: l’Agenzia per l’Energia della Danimarca ha autorizzato a sorpresa l’inizio dei lavori di riparazione sul gasdotto Nord Stream 2 nel Mar Baltico, danneggiato da esplosioni nel 2022 e sospeso dalla Germania a causa del deterioramento delle relazioni con la Russia e delle sanzioni statunitensi. Nonostante, infatti, la Germania abbia ufficialmente interrotto le importazioni dirette di gas russo, ne continua ad acquistare significative quantità, sotto forma di gas naturale liquefatto (GNL), attraverso intermediari in altri paesi dell’UE. A dimostrazione che il futuro delle relazioni tra Europa e Russia sia ancora lontano dall’essere stabilito in via definitiva.
TECNOLOGIA:
DeepSeek nel 2025: una prova di strategia cinese che ha aggirato le restrizioni statunitensi. Il modello di intelligenza artificiale DeepSeek, fondato da Liang Wenfeng nel 2023, ha ridefinito il panorama dell’intelligenza artificiale aprendo la strada a modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) open source efficienti e ampiamente accessibili. Il chatbot è stato addestrato utilizzando circa 2.000 GPU in 55 giorni al costo di 5,58 milioni di dollari, che è circa 10 volte inferiore a quanto il gigante tecnologico statunitense Meta ha speso per costruire la sua ultima tecnologia di intelligenza artificiale. Questa innovazione strategica ha dimostrato il suo impatto, innescando la volatilità del mercato ed un significativo sell-off dei titoli USA legati all’intelligenza artificiale. Big come Nvidia che hanno registrato un calo del 17%, hanno contribuito a una perdita di 1 trilione di dollari di valore di mercato nelle borse statunitensi, dopo che gli investitori hanno ricalibrato le loro aspettative in risposta al dirompente impatto di DeepSeek. Le restrizioni americane stabilite dal 2023 e le strategie sviluppate dalla Cina da allora stanno mettendo il Paese in una posizione dominante nella guerra tecnologica. Si prevede che il mercato cinese dell’intelligenza artificiale crescerà del 27,78% tra il 2025 e il 2030, raggiungendo un volume di 154,80 miliardi di dollari entro il 2030. Nel mezzo della corsa tecnologica in corso tra Stati Uniti e Cina, DeepSeek è emerso come un potenziale punto di svolta per l’Europa, dove la sovranità dell’A.I. rimane una sfida pressante. Gli esperti discutono ora se i suoi costi operativi più bassi e la sua natura open source possano fornire alle industrie europee un percorso conveniente per rimanere competitive nella rivoluzione in corso. Tuttavia, gli Stati Uniti hanno avviato il progetto Stargate, una joint venture da 500 miliardi di dollari annunciata nel gennaio 2025 dal presidente Donald Trump. Questa ambiziosa iniziativa, sostenuta da OpenAI, Oracle e SoftBank, mira a rafforzare l’infrastruttura di intelligenza artificiale americana per mantenere la leadership tecnologica. I Paesi alla ricerca di soluzioni tecnologiche di alta qualità, ma convenienti, potrebbero rivolgersi sempre più alle offerte cinesi, cambiando potenzialmente il panorama tecnologico globale. Questa tendenza potrebbe ridurre la quota di mercato delle aziende statunitensi, soprattutto nelle regioni in cui il costo è un fattore critico nell’adozione della tecnologia. Lo scenario specula sui rischi posti dalle barriere normative e dallo scetticismo geopolitico, con il noto fattore dell’efficienza dei costi.
SINTESI DI SCENARIO:
Cina e Stati Uniti rimangono al centro dello scacchiere globale: la prima estremamente silenziosa e felpata nelle sue mosse, i secondi esuberanti e pronti a giocare le loro migliori carte in campo monetario e tecnologico. L’arrivo inaspettato del chatbot di intelligenza artificiale Deepseek altro non è che il reminder cinese al suo sfidante che rallentare lo sviluppo hi-tech di Pechino è ormai sostanzialmente impossibile, anche dopo i continui round di sanzioni e limitazioni nella vendita di microprocessori avanzati verso la Repubblica Popolare Cinese. Le armi in campo tecnologico, quindi, sembrano sempre più spuntate; per questo motivo il neoeletto Presidente Trump ha posto un’importante enfasi sull’adozione di dazi nei confronti della Cina e di altre nazioni che non riequilibreranno il surplus commerciale che vantano nei confronti degli Stati Uniti (un’operazione piuttosto complicata e costosa per gli stessi americani!). Ma anche quest’ultimi non sono privi di punti deboli. I partner commerciali potrebbero rispondere indebolendo la propria valuta per controbilanciare il peso delle tariffe commerciali che renderebbero meno competitive le loro merci, aprendo le danze di una guerra valutaria pericolosa e dai risvolti imprevedibili. Nel frattempo, i conflitti non aspettano che gli Stati Uniti tornino a fare i poliziotti del mondo, e le crisi che attanagliano il mondo, dall’Ucraina fino alla recentissima riapertura degli scontri tra Ruanda e Congo dimostrano che il potere globale si sta ormai frammentando. La nuova parola d’ordine è: sicurezza.
04/02/2025