Analisi di scenario

L’analisi di scenario consente, come la composizione dei pezzi di un puzzle, di far emergere un’immagine che altrimenti rimarebbe celata. I tre pilastri dell’analisi di scenario sono: la Macroeconomia, la Geopolitica, la Tecnologia. L’immagine di scenario che emerge consente di assumere delle decisioni di natura strategica con maggiore consapevolezza e visione.

ANALISI MACROECONOMICA

Con il vertice della Shanghai Cooperation Organization (SCO) e la sua scenografica parata militare, la Cina ha mandato un messaggio chiaro: vuole essere protagonista nel ridisegnare gli equilibri globali. I Paesi membri SCO hanno deciso di istituire una banca di sviluppo propria per ridurre la dipendenza da FMI e Banca Mondiale e di rafforzare l’uso delle valute locali nel commercio intra-regionale. Il messaggio strategico è evidente: creare un ecosistema finanziario e commerciale alternativo, che riduca la dipendenza dal dollaro. Si tratta di un processo di de-dollarizzazione: un potenziale “regime change” nel paradigma monetario globale. Per contrastare questo processo, rinvigorire il ruolo del dollaro e la domanda internazionale di Treasuries – che recentemente sono stati superati dall’oro nelle riserve delle banche centrali – gli Stati Uniti rispondono con una strategia che punta sulle stablecoin ancorate al dollaro, usando il loro potenziale per espandere la diffusione della moneta americana, specialmente nei Paesi emergenti. Questa mossa ha un doppio scopo: consolidare l’egemonia del dollaro e creare nuovi canali stabili di domanda per i T-Bills (bond governativi USA a BT). Su questo fronte Europa e Cina non vogliono restare indietro. La Cina si prepara all’emissione di una stablecoin in yuan come prova di intenti nella traiettoria dell’internazionalizzazione del renminbi. In Europa, il 25 settembre nove grandi banche europee hanno annunciato la costituzione di una società con lo scopo di emettere una stablecoin in euro, con lancio previsto nella seconda metà del 2026. L’obiettivo è duplice: evitare la perdita della sovranità monetaria qualora le stablecoin in dollari penetrassero nel mercato europeo; costruire un’alternativa credibile per i pagamenti digitali cross-border, in attesa del lancio dell’euro digitale, la cui attivazione effettiva è prevista nel 2029. Negli USA, la scelta di puntare sulle stablecoin è anche legata all’enorme fabbisogno di finanziamento del debito pubblico (acquistato dagli emittenti di stablecoin come asset a garanzia). Per ridurre il valore reale del debito accumulato, l’elemento decisivo è però che i tassi reali diventino negativi: ciò significa che il FED FUNDS deve scendere al di sotto del tasso di inflazione. In questo contesto, la FED ha operato un taglio di 25 punti base alla riunione del 17 settembre (il primo taglio da dicembre 2024), nonostante un’inflazione persistente al di sopra dell’obiettivo del 2%. La decisione è stata motivata dai dati occupazionali piuttosto negativi dei mesi passati. L’azione intrapresa sui tassi lascia pensare che la FED si stia concentrando sul suo secondo mandato (piena occupazione) e che stia abbandonando l’obiettivo sull’inflazione, facendo temere agli operatori finanziari una nuova fiammata dei prezzi. Un punto cruciale è la composizione del Board della Federal Reserve (FED): essa sta mutando verso una maggioranza più favorevole ai desiderata della Casa Bianca. La nomina di Stephan Miran nel Board FED, consigliere economico di Trump, ne è un segnale chiaro. Al meeting di settembre è stato l’unico a votare per un taglio di 50 punti base, sostenendo che, in base alle condizioni attuali, il tasso neutrale reale sia molto più basso e spingendo per tagli cumulativi fino a 200 punti base. La combinazione di debito elevato, necessità di tassi reali negativi e un board della Fed sempre più politicizzato suggerisce che la linea accomodante di politica monetaria possa diventare predominante. Tuttavia, gli ultimi dati macro pubblicati mostrano un miglioramento dell’economia statunitense indicando maggiore cautela sulle prossime mosse della stessa banca centrale USA.

ANALISI GEOPOLITICA

Il mese di settembre 2025 è stato segnato da diversi episodi di sconfinamenti nello spazio aereo dei Paesi NATO da parte di droni e jet di presunta matrice russa. Sono stati registrati casi in Polonia, Romania, Estonia e Danimarca alzando di conseguenza la tensione tra questi Paesi, in prima fila per sostenere l’Ucraina, e Mosca. Sempre nelle scorse settimane alcuni aeroporti in Danimarca (Aalborg, Billund e Copenhagen) e in Norvegia (Oslo) sono stati chiusi temporaneamente a causa di avvistamenti di droni sospetti, causando disagi al traffico aereo. Secondo un’analisi dell’IISS (International Institute for Strategic Studies) queste incursioni nello spazio aereo della NATO illustrano chiaramente una dinamica della guerra non convenzionale russa contro l’Europa: il paradosso dell’escalation. Mentre il Cremlino continua a mettere alla prova la determinazione dell’Alleanza con droni, sabotaggi e disinformazione, ogni provocazione aumenta il rischio di un errore di calcolo, riducendo i margini di gestione della crisi e trasformando potenzialmente un incidente limitato in una guerra convenzionale che il Cremlino vorrebbe in realtà evitare. Oltre ai droni, le provocazioni abituali includono il disturbo dei sistemi GPS nella regione baltica, interruzioni del traffico aereo e delle operazioni marittime, colpendo le cosiddette infrastrutture strategiche, fisiche e digitali. Se uno degli obiettivi della guerra non convenzionale della Russia contro l’Europa è rendere sempre più frequenti tali episodi, il target di lungo periodo pare essere la destabilizzazione delle società europee attraverso strumenti tipici del campo della guerra ibrida. Un contesto in cui negare responsabilità e coinvolgimento diventa semplice ed efficace per via del ricorso a strumenti digitali e cibernetici, mentre il diritto internazionale non sembra più rappresentare una soluzione percorribile. Una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha affermato di recente che Israele ha commesso genocidio contro i Palestinesi a Gaza nel corso degli ultimi due anni, senza che però questo fermasse i piani di invasione di terra di Gaza City da parte dell’esercito israeliano. L’Europa si scopre dunque sempre più coinvolta nel marasma del disordine geopolitico conseguente all’annunciato disimpegno americano dopo decenni di gestione imperiale del globo. Un ritiro sottolineato anche dalle recenti dichiarazioni del Presidente Donald Trump sul suo Truth Social: «L’Ucraina, con il sostegno dell’Unione Europea, è in grado di combattere e RICONQUISTARE tutta l’Ucraina nella sua forma originaria». La mancata menzione del coinvolgimento degli Stati Uniti rappresenta un chiaro segnale che Washington si sta preparando ad affrancarsi dalla guerra in Ucraina, quadrante secondario rispetto alla vera minaccia cinese nel Pacifico. Il contrasto alla crescente forza di Pechino (segnalata anche dalla parata militare di inizio settembre dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese) resta infatti un interesse chiave anche nella nuova Strategia di Difesa Nazionale, che sembra superata in importanza solo dalla più grande sfida strategica per gli Stati Uniti: la coesione e la compattezza della Nazione. La principale priorità del Pentagono in materia di sicurezza nazionale potrebbe infatti riflettere l’agenda “America First” del presidente Donald Trump, dando la precedenza alla protezione del territorio nazionale e dell’emisfero occidentale (l’omicidio dell’attivista Charlie Kirk ha d’altronde fatto emergere quanto le divisioni sociopolitiche interne rappresentino un grave fattore di instabilità per gli Stati Uniti). Due obbiettivi (Cina e stabilità interna) che non possono essere raggiunti contemporaneamente, men che meno in tempi rapidi: un’analisi condotta dal Royal United Services Institute (RUSI) rivela come la Russia starebbe già fornendo alla Cina equipaggiamento militare per una potenziale invasione di Taiwan.

ANALISI TECNOLOGICA

Settembre non sarà ricordato per una singola innovazione, bensì per un unico numero che ridefinisce l’intero panorama tecnologico. Un importante rapporto pubblicato da Gartner prevede che la spesa globale totale relativa all ‘intelligenza artificiale raggiungerà l’incredibile cifra di 1,5 trilioni di dollari quest’anno. Tale importo, che comprende tutto (dall’hardware e software specializzati, all’immenso costo del talento e dei servizi), mette a nudo il conflitto centrale del nostro tempo: il “paradosso dell’intelligenza artificiale”. Il mondo sta scommettendo il suo futuro su una rivoluzione tecnologica, ma l’incredibile costo di ingresso si scontra con la dura realtà della frattura geopolitica e con un ritorno sull’investimento ancora tutto da dimostrare. La cifra di 1,5 trilioni di dollari non è solo un titolo; è una diagnosi dello stato febbrile del mercato. Secondo l’analisi di Gartner, il principale fattore trainante di questo costo non sono più solo le licenze software, ma l’immensa spesa in conto capitale (CAPEX) per l’infrastruttura di base necessaria per processare l’A.I. su larga scala. Ciò include una corsa per GPU ad alte prestazioni, la costruzione di data center ad alta intensità energetica e gli stipendi alle stelle di un pool limitato di ingegneri d’élite. Questa frenesia di spesa è in netto contrasto con i risultati aziendali tangibili. I dati di inizio anno mostravano che solo una frazione delle aziende (circa il 25%) aveva scalato con successo le iniziative di intelligenza artificiale per ottenere un impatto finanziario positivo. I nuovi dati sulla spesa suggeriscono che questo “divario di attuazione” si sta allargando fino a diventare un abisso. Le aziende stanno cioè investendo somme senza precedenti nella tecnologia semplicemente per tenere il passo, ma la maggior parte di esse rimane intrappolata in un ciclo di costi operativi elevati e redditività sfuggente; una dinamica che ora crea notevoli preoccupazioni per quanto riguarda gli utili del 3° trimestre (Gartner, “Worldwide AI Spending Will Total $1.5 Trillion in 2025”, 17 settembre 2025). Questo paradosso è pericolosamente amplificato dalla realtà geopolitica della “cortina di silicio”. L’incredibile investimento nell’infrastruttura dell’intelligenza artificiale dipende interamente da una catena di approvvigionamento dei semiconduttori che viene attivamente utilizzata come arma. La guerra dei chip tra Stati Uniti e Cina non è più una questione marginale. La conferma di Nvidia nel suo rapporto sugli utili del secondo trimestre che le entrate dalla Cina sono crollate a meno del 5% delle vendite dei suoi data center è un chiaro segnale che il mercato è stato fratturato in modo permanente. La Cina, ora tagliata fuori dai chip occidentali più avanzati, non ha altra scelta che quella di utilizzare decine di miliardi del suo “Big Fund III” per accelerare la propria industria nazionale dei semiconduttori; mossa confermata il 15 settembre, dai primi importanti investimenti del fondo in startup di GPU. Questo disaccoppiamento costringe alla creazione di due ecosistemi tecnologici separati, sempre più costosi e incompatibili. Gli Stati Uniti stanno limitando non solo i chip, ma anche il talento e gli strumenti necessari per progettarli, come si è visto nell’espansione delle sanzioni del 10 settembre per coprire l’architettura RISC-V. L’offerta limitata di chip all’avanguardia da parte di TSMC e Samsung comporta un significativo premio per il rischio geopolitico: costo trasferito direttamente nella parte hardware del boom di spesa da 1,5 trilioni di dollari. La “cortina di silicio” sta così facendo aumentare i costi dell’hardware dell’intelligenza artificiale, esacerbando il “paradosso dell’intelligenza artificiale” e rendendo proibitiva la sua implementazione scalabile. Questo cambiamento sta sostituendo il sogno di un’A.I. democratizzata con una corsa agli armamenti ad alta intensità di capitale tra aziende hyperscale e aziende-statali. Di conseguenza, gli investitori si stanno concentrando sugli elementi fondamentali di questa nuova era: le apparecchiature per la produzione di semiconduttori, la sicurezza informatica e gli strumenti di governance dell’intelligenza artificiale, che offrono rendimenti più stabili in un contesto generalizzato di aumento dei costi.

SINTESI DI SCENARIO

La competizione monetaria globale sta ridefinendo gli equilibri strategici: mentre Cina e SCO puntano a ridurre la dipendenza dal dollaro, USA ed Europa cercano di consolidare il ruolo delle proprie valute attraverso stablecoin, con implicazioni dirette su debito pubblico e mercati obbligazionari. Questa dinamica si intreccia con un contesto geopolitico instabile, in cui le tensioni in Europa orientale e l’ascesa della Cina sul piano militare e tecnologico mettono in discussione la coesione occidentale e ridefiniscono le priorità americane. In parallelo, la rivoluzione dell’intelligenza artificiale, pur trainando investimenti record, evidenzia un divario tra investimenti e redditività attesa, amplificato dal disaccoppiamento tecnologico tra USA e Cina e dalla crescente complessità della supply chain dei semiconduttori. In questo scenario, le sfide economiche, geopolitiche e tecnologiche si alimentano a vicenda, creando opportunità strategiche nei settori infrastrutturali e tecnologici chiave della nuova economia globale.

02/10/2025

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