L’analisi di scenario consente, come la composizione dei pezzi di un puzzle, di far emergere un’immagine che altrimenti rimarebbe celata. I tre pilastri dell’analisi di scenario sono: la Macroeconomia, la Geopolitica, la Tecnologia. L’immagine di scenario che emerge consente di assumere delle decisioni di natura strategica con maggiore consapevolezza e visione.
ANALISI MACROECONOMICA
Il 27 ottobre diciannove Borse mondiali hanno raggiunto nuovi massimi storici, spinte dall’annuncio di una tregua commerciale tra Stati Uniti e Cina. Si è così innescato il classico schema risk-on: gli investitori hanno incrementato l’esposizione verso asset rischiosi come l’equity, riducendo al contempo le posizioni in beni rifugio come l’oro, che infatti ha registrato un marcato ritracciamento, in parte dovuto anche a prese di profitto dopo il rally degli ultimi mesi. I nuovi record di Wall Street stanno ormai diventando una consuetudine. Oltre all’ottimismo per le prospettive commerciali con la Cina, il mercato è stato sostenuto dal taglio dei tassi della Federal Reserve, dalla fine del Quantitative Tightening (QT) – che interromperà il drenaggio di liquidità dal sistema – e dai positivi risultati trimestrali di molte aziende quotate. Tuttavia, la corsa di Wall Street continua ad alimentare il dibattito sulla formazione di una bolla speculativa legata all’intelligenza artificiale, paragonabile a quella delle dot-com (del 2000). Secondo UBS e Goldman Sachs, non si tratta di una bolla: i multipli di valutazione, come il rapporto prezzo/utili (P/E), risultano infatti circa la metà di quelli osservati nel 2000 per i titoli tecnologici più in vista. Di opinione opposta sono Bank Sarasin e The Economist. Quest’ultimo avverte che gli Stati Uniti potrebbero essere prossimi a una nuova bolla speculativa, più grave di quella del 2000, stimando che il suo scoppio potrebbe distruggere fino a 35.000 miliardi di dollari di ricchezza (!). In realtà è difficile negare che i multipli P/E siano molto alti, il rischio di concentrazione elevato e che lo schema di investimenti incrociati tra aziende attive nell’IA stia aumentando il rischio sistemico. L’hype verso l’intelligenza artificiale è tangibile anche osservando i livelli del margin debt, ossia i prestiti concessi agli investitori per acquistare titoli, oggi ai massimi storici. Ciò suggerisce che molti operatori, spinti dal FOMO (Fear Of Missing Out), si stiano indebitando non per fare hedging o gestire il rischio, ma per speculare, aumentando così la leva finanziaria e il rischio sistemico. Il tutto in un contesto economico non proprio roseo: l’economia americana si presenta infatti a macchie di leopardo: secondo Moody’s Analytics, 22 Stati (degli USA) sarebbero già in recessione, 13 in stagnazione e solo 16 in espansione. Questo in un contesto in cui gli effetti dei dazi non si sono ancora manifestati pienamente e la qualità dei dati economici statunitensi sembra degradarsi. Tutto ciò alimenta il timore che la recessione possa presto estendersi a livello nazionale, se non essere già in corso. Parallelamente, emergono segnali di tensione nel mercato del credito. Jamie Dimon (CEO di JP Morgan) ha ammonito sulla possibilità che il credito corporate americano inizi a mostrare crepe ora che l’economia rallenta. Per ora non ci sono criticità visibili (i tassi di default sono ancora bassi), ma emergono alcuni segnali preoccupanti: crack di società legate al settore automobilistico e ai prestiti a leva, svalutazioni di crediti da parte di alcune banche regionali, tensioni nel mercato interbancario e anomalie nei tassi di finanziamento a breve termine. Inoltre, diversi consumatori a basso reddito mostrano crescenti difficoltà nel rispettare i pagamenti, riflettendo l’impatto congiunto di tassi elevati, aumento del costo della vita ed esaurimento dei risparmi, rendendo i mutuatari subprime particolarmente vulnerabili. L’atmosfera di fatto ricorda i mesi che precedettero la Grande Crisi Finanziaria del 2008. Sul fronte europeo, il Vecchio Continente si trova schiacciato tra le due superpotenze. Le restrizioni cinesi sulle esportazioni di terre rare colpiscono duramente le grandi economie manifatturiere come Germania, Francia e Italia. In una Germania sono emblematiche le difficoltà di Volkswagen, costretta a sospendere la produzione di alcuni modelli. La minaccia di un’invasione di prodotti cinesi è concreta come dimostra l’obiettivo di BYD di diventare entro 5 anni la nuova VW in Europa.
ANALISI GEOPOLITICA
Ottobre, a prima vista, potrebbe essere ricordato come il mese degli accordi di “pace”. Dalla “The Trump Declaration for Enduring Peace and Prosperity” siglata lo scorso 13 ottobre tra Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia per promuovere un accordo di cessate il fuoco tra esercito israeliano e Hamas, fino ai toni rassicuranti del dialogo Cina-Stati Uniti al vertice APEC in Sud-Corea di fine mese, si è trattato di risultati positivi per la stabilità delle relazioni internazionali. Ma è davvero così? A uno sguardo più attento emerge un quadro fatto di ricatti, minacce ed equilibri precari che non possono essere sottovalutati, nonostante i benefici tattici dei deals delle ultime settimane. Partendo dal conflitto in Medio Oriente, infatti, è ormai evidente che l’estremismo e il razzismo abbiano profondamente influenzato sia la società palestinese che quella israeliana; sentimenti che il genocidio commesso da Israele ai danni della popolazione di Gaza ha ovviamente esacerbato. Già prima del conflitto i palestinesi criticavano Israele per non aver riconosciuto la Nakba, le disastrose conseguenze dello sfollamento di massa del popolo palestinese durante la guerra arabo-israeliana del 1948. Nel frattempo, le autorità israeliane sottolineavano che i libri di testo palestinesi omettevano qualsiasi riferimento all’Olocausto e ad Israele come Stato legittimo. Tutte tensioni non risolte con l’accordo di cessate il fuoco di ottobre. Un altro enorme ostacolo che il piano di Trump non considera è la mancanza di equivalenza tra i due popoli. Il piano insiste sul fatto che “una pace duratura sarà quella in cui sia i palestinesi che gli israeliani potranno prosperare con i loro diritti umani fondamentali protetti, la loro sicurezza garantita e la loro dignità rispettata”. Ma se da un lato, Israele esiste come Stato sovrano, dotato di un esercito potente e radicato nei sistemi finanziari e diplomatici globali; dall’altro, nonostante la loro sovranità sia riconosciuta da 157 dei 193 membri dell’ONU, i palestinesi godono di pochi dei diritti che la sovranità conferisce (gran parte del territorio palestinese rimane ancora sotto l’occupazione israeliana). Contraddizioni che rimangono visibili anche nella ricerca di un accordo commerciale, e non solo, tra Cina e USA in Asia, poiché Pechino continua ad avere il dominio sul mercato dei minerali delle terre rare. L’incontro tra i due leader, cinese e americano, arriva in un momento in cui le due maggiori economie mondiali sono coinvolte in una guerra commerciale che li ha visti imporre dazi reciproci superiori al 100%, minacciando di scuotere l’economia globale. E rivelando che la Cina è disposta a utilizzare i propri punti di forza come merce di scambio di fronte alle crescenti minacce economiche: segno che ogni arma è ritenuta legittima nell’arena internazionale. La parola “pace”, quindi, è forse oggi più lontana di quello che sembri, anche a causa dell’attenzione mediatica dedicata solo ad alcuni teatri di scontro a dispetto di altri. La guerra in Sudan, scoppiata nel 2023, ha ricevuto solo una frazione dell’attenzione riservata a Gaza e all’Ucraina, eppure minaccia di essere più mortale di entrambi i conflitti. Allo stesso modo, poche ore dopo essere stata insignita del Nobel per la Pace 2025, María Corina Machado, politica venezuelana e fervente oppositrice del Presidente Maduro, ha invitato il presidente Trump a intensificare la sua campagna militare ed economica contro il suo stesso Paese, il Venezuela appunto (!). La pace è pertanto avvolta da zone grigie e da ambiguità. La consapevolezza che il mondo si avvii verso una fase di “ibridizzazione” tra aree tradizionalmente stabili e spazi da sempre irrequieti è l’unico argine per non cadere nell’illusione rischiosa che tutto, in realtà, stia serenamente ritornando come prima.
ANALISI TECNOLOGICA
Nel mese di ottobre, il server web AWS ha subito una grave interruzione nella regione US-EAST-1 che ha disabilitato oltre 100 servizi (tra cui Snapchat, Reddit, Venmo) e ha causato perdite stimate fino a 75 milioni di dollari all’ora. La causa principale è stata un problema nel sistema di indirizzi Internet (DNS) di Amazon, che ha impedito il funzionamento del servizio di database DynamoDB. Questo errore si è diffuso ad altri servizi chiave, causando l’interruzione di molti siti Web e app contemporaneamente. L’incidente ha messo in luce un rischio critico di concentrazione. AWS detiene circa il 30 % dell’infrastruttura cloud globale: il che rende sufficiente un singolo guasto regionale a creare un’interruzione globale. Il 22 ottobre 2025 Fastweb ha segnalato un’importante interruzione della rete che ha interessato i suoi servizi di rete fissa in Italia. La società ha attribuito il problema a un problema nella risoluzione del Domain Name System (DNS), che ha temporaneamente impedito a molti clienti di accedere ai servizi Internet. Questi casi illustrano sia le debolezze della governance aziendale che i rischi reputazionali/finanziari di malfunzionamenti o comportamenti scorretti della tecnologia. Sebbene Fastweb non abbia subito un crollo, l’operatore italiano ha registrato nel primo semestre 2025 un fatturato di 3,6 miliardi di euro, con un EBITDA in calo prima dell’integrazione con Vodafone Italia. Nel più ampio settore tecnologico, le recenti frodi di alto profilo includono CaaStle, in cui il fondatore avrebbe ingannato gli investitori per oltre 300 milioni di dollari, raccogliendo falsi dati finanziari. L’interruzione di AWS sottolinea che anche i principali fornitori sono vulnerabili e la dipendenza sistemica da pochi operatori dell’infrastruttura cloud (oligopolio infrastrutturale) crea un punto di criticità nelle economie digitali. Lo scenario simile a quello di Fastweb (e le frodi tecnologiche più ampie) mostrano che una supervisione debole, una reportistica opaca ed una rapida espansione senza controlli, aumentano i rischi di perdite degli investitori. Ciò implica che le aziende e gli investitori devono affrontare un aumento del rischio operativo (tempi di inattività, guasto del servizio), del rischio reputazionale (frode, cattiva condotta) e del rischio sistemico (fallimento della spina dorsale tecnologica). Anche il rischio finanziario aumenta, poiché recenti sondaggi mostrano un’accelerazione delle perdite per frode: ad esempio nei pagamenti nel Regno Unito tramite l’online banking esse hanno superato i 629 milioni di sterline nel primo semestre del 2025. In risposta a tali interruzioni e comportamenti scorretti, gli investitori e le aziende daranno priorità alla resilienza e alla trasparenza: diversificazione dei fornitori di cloud (multi-cloud/ibrido), standard di governance e audit rigorosi, oltre ad un maggiore controllo dei forecast delle aziende tecnologiche. A livello di Paese/regione, i quadri normativi si rafforzeranno in merito all’infrastruttura cloud, alla localizzazione dei dati e alle informative per gli investitori. L’orientamento degli investimenti globali potrebbe spostarsi dalle scommesse speculative sulla “crescita ad ogni costo”, verso aziende con controlli comprovati, chiari modelli di continuità del servizio e metriche verificabili. Ad esempio, gli investitori di venture capital, segnalano il rischio di frode e stanno ritardando le quotazioni nei settori fintech e AI.
SINTESI DI SCENARIO
I mercati globali attraversano una calma ingannevole: un equilibrio speculativo sostenuto da liquidità, spettacolarizzazione politica e hype tecnologico. Il rally record seguito alla tregua USA-Cina e all’allentamento monetario della Federal Reserve appare come la fase terminale di un ciclo. Sul piano geopolitico, la “pace” viene ormai utilizzata come arma. La Dichiarazione di Trump per la Pace e i toni concilianti tra Pechino e Washington nascondono un ricalcolo tattico: la Cina impiega le terre rare come leva strategica, gli Stati Uniti rispondono con dazi e controlli tecnologici. L’Europa, dipendente da entrambi, rischia di diventare vittima collaterale di questa trappola tra due potenze, travolta da pressioni di deindustrializzazione e dall’invasione di veicoli e componenti cinesi. La tecnologia, un tempo simbolo di resilienza, oggi rivela fragilità sistemiche. La convergenza di euforia finanziaria, manipolazione geopolitica e concentrazione digitale configura un’illusione controllata di stabilità. Se la fiducia dovesse incrinarsi, il contagio potrebbe essere rapido e globale, con investitori, Stati e imprese costretti a ricostruire credibilità, decentralizzare infrastrutture e affrontare i costi di una lunga crescita speculativa.
04/11/2025

