Cambio di paradigma necessario

Uno degli assiomi di base di mercato finanziario è che i flussi di risparmio debbano essere convogliati dai soggetti che presentano un surplus (i risparmiatori) a favore di quelli che necessitano di capitali, tipicamente le imprese. Ma ovviamente un agente che rinuncia ad utilizzare la propria disponibilità economica e la elargisce a favore di altri soggetti, a maggior ragione su con orizzonte pluriennale, richiede in cambio di tale sacrificio una remunerazione, sotto forma di tasso di interesse. Il tasso di interesse è da sempre positivo per una semplice ragione: la presenza dell’inflazione, che brucia il valore del denaro in quanto 100 euro oggi tra 10 anni potranno acquistare molti meno beni rispetto a ciò che possiamo comperare oggi con la medesima cifra.

Solo in un contesto economico caratterizzato da un’inflazione negativa, ovvero di prezzi dei beni di consumo che scendono nel tempo anzichè salire, possiamo immaginare (ed accettare) tassi di interesse negativi. Guardando alla curva dei rendimenti dell’area euro, oggi si evidenzia una situazione disarmante per il risparmiatore, ma molto favorevole per chi deve indebitarsi. L’inflazione è infatti positiva, anche se non elevata (prossima all’1% annuo per l’area euro), ma tale lettura si affianca a ciò che possiamo osservare nella tabella.

PaeseRend. lordo annuo a 10 anni
Svizzera-0.84%
Germania-0.60%
Paesi Bassi-0.45%
Svezia-0.36%
Francia-0.30%
Austria-0.35%
Spagna0.10%
Portogallo0.11%
UK0.44%
Italia0.79%
Grecia1.30%
Polonia1.80%

I risparmiatori che vogliono dormire sonni relativamente tranquilli, destinando il proprio capitale a favore dei titoli di Stato del proprio Paese, nella maggior parte di casi tra dieci anni rivedranno se va bene quanto investito, ma in termini nominali. In termini reali avranno perso soldi, a meno che l’inflazione non si porti marcatamente in territorio negativo negli anni a venire. E molto risparmiatori incasseranno, già considerando anche le cedole staccate nel frattempo, una perdita in termini nominali, che in termini reali può divenire una voragine. Lasciando stare il caso limite della Svizzera, dove un eventuale apprezzamento del franco contro l’euro potrebbe rimescolare le carte dei rendimenti restituiti all’investitore, chi ragiona in euro ha una sola ancora di salvezza. Investire in Btp, l’unico asset con rendimenti decenti ovvero positivi espressi in euro.

Chiaro che si tratta di un atto di fede, considerando le dinamiche del debito italiano e la difficoltà del sistema economico a reagire agli stimoli provenienti da più fronti, ed invertire quindi la spirale viziosa del debito. Una quota di Btp in portafoglio ci può stare, ma attenzione a non eccedere, in quanto da tempo i responsabili monetari del Nord Europa puntano il dito sul nostro debito, ritenuto (non a torto) insostenibile come valore assoluto e tendenza alla crescita. Il rendimento dei Btp è inoltre positivo solo a partire dai 4 anni di scadenza: chi volesse investire in Bot a 1 anno o in Btp a scadenza di 2-3 anni, incapperebbe nuovamente nell’onere del rendimento negativo.

Ma il risparmiatore italiano si deve preparare anche ad un altro shock, psicologicamente forse ancora peggiore dei rendimenti negativi su molto obbligazioni (corporate comprese, ovvero emesse da società anziché da Stati). Il numero uno di Unicredit ha affermato di recente che anche in Italia è sensato applicare una remunerazione negativa sui conti correnti, per cifre superiori ai 100 mila euro (elemento da tempo presente su alcuni mercati esteri). Insomma lasciare i soldi in Banca costerà, sia che sia  investiti in obbligazioni che se lasciate sul conto corrente. Meglio il materasso? No, meglio affidarsi ad un bravo consulente in grado di far rendere il denaro dei propri clienti in modo dignitoso. Anche quest’ultimo chiaramente si troverà davanti alle stesse problematiche sopra indicate, ma attraverso un buon bagaglio di esperienza e conoscenza degli strumenti finanziari potrà sperare di restituire un valore positivo di rendimento, anche spesati i propri costi. La via maestra passa attraverso un leggero aumento della propensione al rischio (attingendo alle diverse asset class oggi disponibili anche attraverso strumenti a basso costo) e dell’orizzonte temporale rispetto al passato; ma anche il cliente deve comprendere che richieste del tipo “voglio il 3-4% anno” non hanno più senso.

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