La debacle finanziaria indotta dalla pandemia di Covid-19 è stata di enorme magnitudo e velocità, ma non tutti i sottostanti azionari hanno incassato il colpo. C’è in particolare un settore che si è mosso molto bene, cinicamente in controtendenza rispetto al mercato in avvitamento a febbraio-marzo. Ma che anche nei mesi successivi, di stabilizzazione degli indici globali, ha proseguito la rimonta, regalando grandi soddisfazioni a coloro che ci avevano in precedenza puntato. E chi se non le società farmaceutiche mondiali possono aver tratto vantaggio dalla diffusione di un virus che sta imponendo spese enormi per i sistemi sanitari nazionali di tutto il mondo?
E così molti titoli, sia a livello di mid caps che di grandi nomi, legati al vasto mondo dell’health care si sono portati a nuovi massimi storici, proprio in un momento in cui altre azioni versavano in enorme difficoltà. E’ chiaro che si tratta di un evento eccezionale, ma le caratteristiche difensive dei titoli farmaceutici e biotecnologici sono note da tempo. Il settore health care raggruppa infatti differenti sotto-settori, e può essere da un lato essere considerato come un sottostante difensivo o anti-ciclico, dall’altro lato un elemento ad alte performance attese. La prima caratteristica è associata a sottostanti in grado di muoversi bene anche in moventi difficili di mercato, determinata dal fatto che le aziende farmaceutiche o che forniscono servizi riconducibili alle cure mediche traggono linfa da spese che devono essere sostenute dagli individui indipendentemente dal ciclo economico. Le performance degli indici di riferimento sono da invidiare e oggettive, in quanto tra i pochissimi sottostanti che da inizio 2020 esprimono un rendimento positivo si segnala il MSCI World Health Care (nel grafico sotto riportato), mentre il Nasdaq Biotech è in rialzo del 10% circa.
Ma attenzione perché all’interno del vasto settore dell’health care sono presenti anche società ben posizionate in merito all’innovazione tecnologica, in particolare alla biotecnologia. Le frequenti operazioni di M&A, soprattutto a livello Usa, portano spesso a importanti rendimenti per coloro che avessero puntato sulla azienda acquistata. Il Covid-19 ha impresso una ulteriore accelerazione, per via delle enormi spese messe in cantiere dai governi locali, che a livello europeo ad esempio possono ricevere ingenti quantità di denaro (tramite il MES e il Recovery Fund) da impiegare esclusivamente a favore di progetti in ambito biomedicale. Al tempo stesso la ricerca di un vaccino ha attivato una sorta di competizione mondiale su chi riuscirà ad aggiudicarsi la possibilità di produrre miliardi di dosi di tale elemento, tanto agognato in ogni parte del mondo. E a tal proposito si segnala che un aspetto interessante riguardante il mercato americano, ovvero la sua stagionalità del biotech. Durante la prima metà dell’anno infatti, le società che si occupano di biotech in Usa tendono a fare ricerca e sperimentazioni sulle nuove cure e vaccini, mentre nella seconda metà dell’anno, periodo in cui si concentrano anche le principali conferenze del settore, le società tendono ad annunciare i risultati dei sei mesi precedenti creando dunque un pattern stagionale negli utili.
Ma se chiaramente ci si espone a rischi elevati acquistando una singola azione, l’approccio diversificato resta il più intelligente. Questo può avvenire sia in ambito di Etf che di fondi, e il suggerimento è di preferire i fondi solo per i sottostanti fortemente dedicati al biotech, dove la ricerca di nomi particolari può essere premiante. Per le strategie che mixano le classiche società farmaceutiche ad elementi più innovativi bastano gli Etf quotati a piazza Affari, per cui il suggerimento è di non limitarsi all’area europea. Il posizionamento su sottostanti Globali o Usa aiuta infatti ad esporsi a temi più esposti all’area tecnologica, sempre in ambito medicale, mentre la sola area europea è sovraesposta su nomi che premiano la caratteristica di difensività.